Non mi convince il progetto di ospedale che l’aou ha messo a bando. Un progetto che nei fatti contraddice e affossa l’idea di Sassari secondo polo sanitario sardo. Lo dico oggi, a progetto appena ufficializzato, dopo averlo detto nei mesi scorsi a tutti i responsabili e agli attori principali di questa vicenda.
Togliendo dal tavolo il tema della sanità territoriale e del sistema ospedaliero che meriterebbe un approfondimento a parte, non mi pare che ci sia del tutto la consapevolezza che Sassari si sta giocando molto del suo futuro universitario e sanitario nell’operazione della fusione tra Azienda ospedaliero universitaria e ciò che è rimasto del Santissima Annunziata, 480 posti letto da una parte, 470 dall’altra per farne un massimo di 850 in base alla nuova programmazione. Non dico che c’è un’altra strada perché dopo la decisione di far nascere il polo ospedaliero del Mater Olbia, era irrimandabile la fusione tra sistema ospedaliero e sistema universitario a Sassari. ma non bisogna sottovalutare le difficoltà del farlo né le conseguenze di un possibile fallimento dell’operazione.
Per la prima volta, almeno in Sardegna, si sta mettendo insieme un ospedale che si occupa di emergenza urgenza 24 ore al giorno per ogni giorno dell’anno con un sistema che è organizzato invece per fare lavoro programmato perché ha l’obiettivo della formazione e la priorità della ricerca. Due mondi che in generale hanno lavorato separati e che per motivi economici e di razionalizzazione stiamo unendo mentre a Cagliari, per motivi dimensionali e geografici restano ben separati. Ma se l’operazione non ha successo, per qualsiasi motivo, se risposta all’emergenza urgenza e qualità della formazione universitaria non riescono a condividere operativamente il progetto, se non trovano sintonia profonda, ne possono uscire entrambi ridimensionati.
In un certo senso, se la cosa venisse pensata come una coabitazione, e non come la nascita di una nuova azienda molto speciale, anche sperimentale, bisognosa di uno spirito nuovo, Sassari potrebbe trovarsi tra pochi anni davanti ad un terribile bivio: salvare la sua facoltà di medicina o salvare il suo ospedale.
Non si tratta di un’ipotesi pessimistica, sono tanti gli ostacoli sulla strada. Sul piano amministrativo burocratico il processo di nascita dell’aou non si è ancora definitivamente concluso a 9 anni dal suo varo e sono ancora evidenti tutte le difficoltà e gli effetti di un percorso che ha perso precocemente il suo realizzatori, l’allora Dg Gianni Cherchi. E mentre sul piano regionale si ragione su fusioni di asl, a Sassari si dovrò contemporaneamente fare una scissione ospedaliera. In secondo luogo la nuova Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari da 800 pl nasce mentre arriva in Sardegna un grande concorrente privato, che si dovrebbe collaborare nella ricerca scientifica, ma sul piano assistenziale competerà sulle stesse risorse economiche pubbliche.
In tutto questo il progetto edilizio dell’ospedale può essere lo strumento giusto per dare la percezione di una direzione di marcia e di un nuovo inizio invece ci troviamo di fronte ad una decisione poco coraggiosa e per certi versi che aumenta il rischio di un profilo mediocre del sistema sanitario sassarese.
Parto dall’inizio per spiegare le mie preoccupazioni.
Nel 2013 l’Università di Sassari annuncia di aver ottenuto 95 milioni di euro di risorse europee dalla Regione, che destina per ristrutturare gli edifici ospedalieri esistenti, stecche bianche e Clemente, e per fare il nuovo materno infantile. Tutto bene, molte risorse concentrate per un obiettivo chiaramente localizzato, fare 180 posti letto nuovi e ristrutturare gli edifici dove si trovano gli altri 290. Ma quando a inizio 2014 la Giunta Pigliaru decide per il Mater Olbia diventa chiaro che la nascita di una nuova azienda ospedaliera non è più rimandabile e le risorse disponibili per l’ospedale devono essere riorientate per un obiettivo più ambizioso e più esteso. Da un progetto di ristrutturazione di 470 posti letto occorre passare al disegno della struttura complessiva dell’ospedale di Sassari, eliminando doppioni e riorganizzando le discipline.
Il progetto che in questi giorni è stato messo a bando per la progettazione esecutiva non è all’altezza di quest’obiettivo e delle ambizioni da secondo polo sanitario. Sul piano strutturale si costruisce un ospedale lineare da 1.3 km, lungo tutta viale San Pietro e via Enrico De Nicola, che parte dal palazzo Clemente per arrivare all’ala sud del Santissima Annunziata in un continuum che passa sotto la metropolitana con un tunnel e sopra con sovrappasso, e attraversa il nuovo materno infantile che sostituirà il palazzo rosso inagibile. Una struttura che risulterà dispersiva e inefficiente sul piano funzionale per i lunghi percorsi che operatori e pazienti dovranno fare, quanto costosa sul piano gestionale. Sul piano della costruzione ci sono tempi molto lunghi che porteranno ad un opera per la quale serviranno 9-10 anni salvo complicazioni (prevedibili) e che costringeranno operatori e pazienti a vivere in un cantiere perenne e rischioso, con le ditte che dovranno lavorare mentre sono operative le sale operatorie.
Se andiamo a vedere le città ospedaliere della dimensione di Sassari, come Trento ad esempio, gli ospedali realizzati negli ultimi 10 anni o quelli in corso di realizzazione sono strutture molto differenti, amichevoli verso i pazienti e i congiunti, agevoli per gli operatori, attrattive per le migliori risorse umane, per i professionisti più bravi.
Di fronte a queste osservazioni mi si può opporre che rischiamo di perdere i finanziamenti se l’appalto integrato non viene affidato e che le risorse non sono sufficienti per una struttura differente.
Sono difficoltà largamente superabili.
Se si superasse la data del 31 dicembre si perderebbe solo il 5% della somma ma questo avverrà anche per altre opere in Sardegna rammentando peraltro che si tratta di fondi del 2008-2013 e i ritardi non sono certo imputabili a questa amministrazione. E in secondo luogo dei 95 milioni disponibili, 25 serviranno per il nuovo materno infantile e 70 per ristrutturazioni, ampliamenti e connessioni del lungo ospedale. Se con 25 milioni si fanno 180 posti letto e il nuovo ospedale ne ha bisogno di 800, il fabbisogno finanziario per una nuova struttura non è lontano dalla cifra disponibile, ma se anche ne servissero 150 per fare un nuovo ospedale non voglio credere che non si possano trovare, sia con finanza pubblica tra fondi europei o regionali che con finanza di progetto, sapendo che la Regione ha maturato esperienza dagli errori di Nuoro.
Io non voglio credere che l’assessore regionale e il presidente della Regione possano consentire che Sassari usi in questi modo l’unico grande investimento pubblico sanitario dei prossimi 30 anni a Sassari. Non voglio credere che si possano usare 60 milioni di euro per un nuovo ospedale a San Gavino e quasi 100 per ristrutturare un vecchio ospedale a Sassari, su edifici di 40 anni fa.
La soluzione c’è. La precedente direzione della Aou aveva individuato nell’acquisto di un terreno adiacente le attuali stecche bianche lo spazio per la costruzione di una nuova struttura che potesse essere completata con ulteriori risorse che la regione avesse messo a disposizione oppure il terreno pubblico identificato dal Puc della giunta Ganau. Si deve ripartire da li.
Il mio appello è al Presidente Pigliaru, non servono grandi risorse in più ma un atto di coraggio e una visione. Dobbiamo scegliere se avere un ospedale già vecchio e poco attrattivo, disponibile dopo 10 anni di lavori conflittuali e più costoso nella sua gestione o un ospedale nuovo in 3 o 4 anni al massimo ma efficiente e che duri 50 anni. Non consentiamo lo spreco di risorse per un’opera che sarà dannosa per la qualità della sanità regionale e che metterà a rischio la qualità della formazione universitaria di Sassari. Se non ci sono i 40-50 milioni in più si trovino almeno quelli necessari a limitare al 30% dell’intero progetto quelle da reperire con un progetto di finanza e si blocchi subito l’attuale bando. Personalmente sono convinto che il vicepresidente Paci e l’assessore ai lavori pubblici Maninchedda che per deleghe sono coloro che più conoscono le risorse disponibili, siano in grado di dare risposte in tempi brevi ma penso anche che 6 mesi in più valgano 6-7 anni in meno di lavori e un opera da cui dipende molto il destino di Sassari, sia per la sua università che per la salute dei suoi cittadini.
Categorie:In Sardegna, Salute e sociale
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