La riforma della cooperazione internazionale in aula al Senato è una buona notizia per il Governo e il Parlamento e per le tante organizzazioni e istituzioni che ci hanno lavorato in questi anni. È una riforma di sistema, tentata da anni senza successo mentre il nostro Paese declinava per quantità e qualità di impegno e per la dispersione delle iniziative. Dopo una lunga attesa si apre una fase nuova per la quale servivano regole nuove e strumenti operativi, adeguati ad uno strumento nuovo di politica estera, per consentire una ripartenza dal penultimo posto dell’Italia tra i paesi europei.
La cooperazione internazionale che serve, quella che ci è stata chiesta dalle tante organizzazioni, è una cooperazione adulta, tra pari, non tra un paese ricco e uno povero ma tra Paesi che possono aiutarsi reciprocamente e scambiare opportunità, umane, culturali ed economiche, e la nuova legge promuove una cooperazione che è cresciuta ed è diventata adulta.
Si aumenta il coordinamento delle attività per evitare la dispersione delle risorse, si riconosce la cooperazione come centrale nelle relazioni diplomatiche, si rendono manifeste le relazioni e le realizzazioni concrete. L’istituzione di un’agenzia agile e operativa, una sede certa che raccoglie tutte le competenze nel ministero degli esteri, un fondo unico, una sede di coordinamento presso la presidenza del consiglio sono scelte istituzionali nette che accompagnate da una sede partecipata dalle organizzazioni non governative, dalle associazioni e dalle istituzioni rappresentano uno scheletro innovativo quanto chiaro e comprensibile del sistema della cooperazione italiana allo sviluppo. Una chiarezza che era dovuta alla pubblica opinione quanto alle tante organizzazioni e istituzioni che da oltre trent’anni hanno fatto cose buone per l’Italia e dell’Italia hanno dato un’immagine credibile, affidabile e autorevole.
Con questa legge, nel primo articolo, mettiamo delle specifiche allo sviluppo: la nostra cooperazione è per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace. E decliniamo ciò che per noi sono i diritti: la riduzione delle disuguaglianze, l’uguaglianza di genere e le pari opportunità, la democrazia e lo stato di diritto. Non sembri scontato nè banale, perché si mette per iscritto e per legge lo stile e l’approccio con cui il nostro Paese sta nel mondo, in un contesto internazionale dove talvolta l’interesse e l’influenza economica prevalgono sul diritto e sulla democrazia.
Si aprono ora nuove opportunità. Opportunità per chi opera e per le istituzioni che ora possono essere più efficaci nel valorizzare, accompagnare, sostenere ong e istituzioni nei loro progetti, coordinandoli nell’interesse reciproco del Paese e dei paesi terzi.
Opportunità per l’Italia che con questa legge riconosce in maniera moderna e ufficiale, la forza e la credibilità di una propria diplomazia popolare che mette la competenza e l’intelligenza degli italiani al servizio del proprio Paese nel mondo. Una diplomazia popolare, ma non improvvisata. Popolare, professionale e autorevole, che viene da lontano, dagli esempi di sindaci come Giorgio La Pira e che può farci fare molta strada, in avanti, nella credibilità internazionale che faticosamente si sta ricostruendo e che è fondamentale per la fiducia nell’Italia.
Per questi motivi, richiamando l’essenziale lavoro svolto dal relatore Giorgio Tonini e dal viceministro Lapo Pistelli, annuncio che il voto favorevole del gruppo al Senato del Partito Democratico.
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